martedì 17 febbraio 2009

Sensori 2: Pasticcini e pixel.....

Ok, penserete: cosa andrà fabbricando questo ora? Cosa legherà mai dei pasticcini con i pixel, gioia e dolori di noi fotografi, argomento “caldo” di ogni blog che si rispetti? Ma andiamo con ordine. Con il termine pixel [vedi] (contrazione della locuzione inglese picture element) si indica ciascuno degli elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di un’immagine. Questa può essere l’immagine che vediamo a monitor, stampata su carta fotografica o creata dalla fotocamera. A parità di dimensioni di un’immagine, maggiore e’ il numero di pixel che la compongono, maggiore sarà la sua somiglianza con la realtà. Prendiamo ad esempio la mia reflex: ha un sensore composto da una matrice di 4288 fotodiodi reali (scrivo reali per amore di precisione, ma mi addentrerei in questo vespaio solo su richiesta) in orizzontale e 2848 fotodiodi reali in verticale. Ricordando un poco il Sig. Euclide di cui tanto a scuola ci hanno raccontato, l’immagine registrata dalla mia reflex sarà composta da 4288x2848 pixel diversi, corrispondenti ad una risoluzione di circa 12 Mp (12 mega-pixel).
Vediamo ora il processo che permette ad una macchina fotografica digitale creare una fotografia. Quando premiamo l’otturatore l’immagine di nostro figlio o della nostra fidanzata attraversa l’obiettivo e va a colpire l’elemento sensibile alla luce. Ieri tale elemento sensibile era la pellicola, oggi parliamo di sensori digitali. Un sensore digitale e’ una matrice di microscopici fotodiodi, che ricordiamo essere una specie di LED al contrario (vedi blog precedente: Cuore e batticuore), ognuno dei quali reagisce generando una corrente proporzionale all’intensità’ della luce (fotoni) che lo colpisce. I fotodiodi forniscono così i vari “puntini” (pixel) che compongono l’immagine finale. So che molti di voi si aspettano ora una dotta digressione sulla fisica dei semiconduttori, con ampi spazi dedicati alle differenze tra CCD (Charge Coupled Device) e CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor). Sono però costretto a procrastinare questi pur interessantissimi argomenti in funzione dei vostri desideri. Quanti volessero approfondire gli aspetti fisici, con particolare riguardo alle differenze tra le varie soluzioni tecnologiche, mi scrivano quindi che daremo spazio a tutti. Oggi, più che di fisica, vorrei parlare di “fisico” ed in particolare delle prelibatezze che ne minano la linea.
Eccoci quindi a parlare di una specialità francese, la famosa gauffre. L’idea mi e’ venuta la scorsa estate a Nizza, quando mio figlio ha chiesto per merenda una di quelle succulente mattonelle traboccanti di cioccolato fuso, la “gauffre” appunto. Si, capisco pensiate che vedere una prelibatezza di pasticceria e pensare ad un sensore digitale, beh…. ci vuole una mente malata. In realtà un sensore non assomiglia per niente ad una gauffre, essendo un piccolo rettangolo di silicio su cui sono ricavati migliaia di micro circuiti elettronici, i fotodiodi appunto. Somiglianze a parte, in realtà comunque si comporta proprio come una gauffre: la luce (la nutella) incide sui fotodiodi (riempie i piccoli rettangoli). Più luce viene rilevata in quel punto più nutella va a riempire il rettangolino (pixel). Una volta pieno, la nutella esce. Possiamo anche continuare a versarne, ma la quantità di cioccolato che riusciremo a mangiare non aumenterà più perché nel frattempo sarà traboccata.
Forti delle nostre nuove, eccezionali conoscenze fisiche, analizziamo questo comportamento per spiegare la curva caratteristica che abbiamo visto nella scorsa puntata.
Quando la luce e’ assente o troppo bassa siamo nella zona in basso a sinistra del piede, o della soglia. Il segnale utile proveniente dalla nostra ipotetica immagine non si distingue dal rumore di fondo proveniente da qualsiasi dispositivo elettronico. La nostra gauffre e’ vuota, appena estratta dal forno. Aumentando la luce ci spostiamo nel tratto rettilineo della curva, più fotoni colpiscono il sensore più corrente genera il fotodiodo, più il punto si illuminerà dal nero al grigio al bianco. Più nutella mettiamo nei cubetti, più dolce sarà la nostra gauffre. Appena un cubetto e’ pieno, però, la cioccolata trabocca e, con nostro grande disappunto, il gusto non cambia. Il punto in questione nel sensore diventa bianco ed il dettaglio e’ perso per sempre. Pensate a quanto ho appena cercato di rappresentare con un esempio che tutti possiamo sperimentare quotidianamente, perché abbiamo appena spiegato un concetto di primaria importanza nella fotografia, sia analogica (pellicola) sia digitale (sensore/fotodiodi): La GAMMA DINAMICA, cioè la differenza tra i livelli energetici forniti dai fotoni (pochi) in presenza di ombre nere e quelli forniti dai fotoni (molti) in presenza di intense luci. La gamma dinamica ci dice quanti dettagli possiamo registrare in una foto quando sono presenti forti contrasti tra luci ed ombre. A differenza della pittura, nella fotografia dobbiamo registrare quello che esiste già; dobbiamo quindi adoperarci per riuscire a registrare quanti più dettagli possibile. Questo non sempre e’ possibile, a meno di particolari accorgimenti (HDR, ecc.).
Le due foto che riporto come esempio illustrano bene quanto detto piu' sopra, fornendo due situazioni di illuminazione diametralmente opposte che e' possibile incontrare in scene reali. La prima foto raffigura un’immagine catturata in un autogrill in autostrada: come si nota ha una ristretta gamma tonale. La giornata grigia, unita all’abbondante nevicata, uniforma i toni limitando l’escursione di luminosità. Non vi sono neri profondi o zone totalmente bianche: solo varie tonalità di grigio. La foto successiva e’ una panoramica della conca di Cortina in un bel pomeriggio d’estate. Mare e montagna nelle giornate di sole sono due situazioni dove sono presenti contrasti di luce estremi. Come si vede la macchina digitale non e’ riuscita a registrare l’intera escursione di luminosità tra le ombre e le luci. Così il bosco in primo piano, essendo in ombra, risulta nero invece che verde. Con riferimento alla curva vista sopra siamo a sinistra del piede o soglia: i dettagli degli alberi risultano affogati nel rumore del sensore e non sono registrati. Discorso opposto per le nubi in cielo. Sono alte ed illuminate in pieno dal sole con un livello di luminosità a destra della spalla (vedi curva). In questo caso il sensore non e’ riuscito a registrare tale livello di luminosità andando in saturazione. Nelle nubi, infatti, si vedono ampie zone di bianco puro in cui la trama della nube stessa non e’ più distinguibile. Sempre con riferimento alla curva illustrata sopra, nella prima foto le differenze di illuminazione tra le zone in ombra e le zone illuminate si mantengono all'interno della zona rosa che delimita la gamma dinamica di quel determinato sensore. Nella foto di montagna siamo invece al di fuori della gamma registrabile da quel determinato sensore.
Chiediamoci allora, noi inguaribili golosoni, se sia possibile e come si possa fare per "mangiare più nutella", in modo da poter evitare grosse delusioni a quei poveri fotografi che in vacanza scattano foto al mare o in montagna.
“Cubetti più grandi” – mi suggerisce mio figlio Thomas. Bingo! Certo, cubetti più grandi, più cioccolato da sciogliere in bocca. Fotorecettori più grandi, maggiore gamma dinamica tra i neri delle ombre ed i bianchi delle alte luci. E’ questa la strada che la fisica ci indica per ampliare la gamma dinamica dei sensori: aumentare le dimensioni fisiche dei fotodiodi. Urca, ma se aumento le dimensioni dei fotodiodi, vuole dire che ce ne staranno di meno sullo stesso chip di silicio (sensore). A parità di dimensioni del sensore, miglioro quindi la gamma di luce che posso registrare a scapito della risoluzione con cui genero l’immagine, diminuendo il numero dei Megapixel con cui costruisco l’immagine: la tanto ricercata “risoluzione”. Ebbene sì: benvenuti nel club del foto-compromesso!
Si potrebbe pensare di aumentare le dimensioni del sensore, ma questa strada ha le sue controindicazioni:
i. Aumentare indefinitamente le dimensioni del sensore e’ comunque impossibile;
ii. I costi legati alla produzione dei sensori aumentano con le dimensioni;
iii. La miniaturizzazione della macchina fotografica si perde a favore di dimensioni e pesi eccessivi;
iv. A parità di focale, aumentando le dimensioni del sensore occorrono ottiche più ingombranti e pesanti.
v. Da un punto di vista ottico si varia il cerchio di confusione e la conseguente profondità di campo, con ripercussioni su tempi, diaframmi, ottiche ecc, ecc.
Tratteremo la settimana prossima proprio questo argomento, con una disamina accurata delle varie dimensioni dei sensori, pregi e difetti di varie soluzioni.
Bene è tutto per oggi ma, come sempre, prima di lasciarvi ricordo i punti principali di quanto ci siamo detti:
1 I pixel sono i vari elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di un’immagine. In una stampa sono le micro gocce di inchiostro, nei video sono i vari LED che si illuminano, nei sensori delle macchine fotografiche sono i fotodiodi.
2 Più piccoli sono i fotodiodi, maggiore e’ il corrispondente numero di pixel, ovvero maggiore risulta la definizione dell’immagine.
3 I fotodiodi sono una sorta di led al contrario che, colpiti dai fotoni che attraversano l’obiettivo, generano una piccola corrente proporzionale al numero dei fotoni che li colpiscono.
4 I fotodiodi si comportano come una gauffre: i vari cubetti (paragonabili ai fotodiodi/pixel) si riempiono di nutella (i fotoni della luce) finché non trabocca.
5 Il gusto e’ tanto più dolce e gradevole quanta più cioccolata contengono i vari cubetti.
6 Analogamente il sensore fornirà l’immagine di un punto che, partendo dal nero, diventerà via via più bianco finché non raggiunge la saturazione e si perdono i dettagli.
7 La differenza tra i neri profondi delle ombre nette ed i bianchi delle alte luci definisce la gamma dinamica.
8 Aumentando le dimensioni dei sensori si incrementa la gamma dinamica.
9 A parità di dimensioni del sensore, aumentando le dimensioni dei sensori si riduce la definizione con cui l’immagine e’ costruita.
10 Le dimensioni del sensore influenzano non solo le dimensioni dell’apparecchio fotografico, come vedremo la settimana prossima.
Aspetto vostri commenti e lettere come se piovesse....
Auf widersehen
Max Sirio

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